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Visualizzazione dei post da marzo, 2013

Tutto il resto è noia

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Addio Califfo Che non fosse una Pasqua delle più serene si era capito già dall'aria politica che tira in questi giorni, ma gravarla di due scomparse così illustri tra il venerdì santo e la domenica sa quasi di persecuzione.  Non avevamo fatto in tempo a capacitarci della scomparsa di Enzo Jannacci che subito si diffonde la notizia della scomparsa di Franco Califano. Anche lui sopraffatto da una terribile malattia contro la quale lottava da anni.  Franco Califano è Salernitano di nascita (anche se nacque in aereo sopra i cieli di Tripoli) e romano di adozione. Ha scritto pezzi indimenticabili della canzone romana e romanesca (una tra tutte  Semo gente de Borgata per i Vianella) e per la canzone italiana in senso esteso (vale la pena ricordare Minuetto  e La nevicata del '56  per Mia Martini ). Califano oltre che un cantante e un cantautore è stato anche e soprattutto un bohemien e un attento scrutatore dell'universo femminile. Ci mancheranno molto le sue battute e

Non ho visto mai il re. Addio Enzo

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Una birra con Giorgio e Luigi Brutta notizia quella della sera del Venerdì santo. Alla consueta morte di Gesù se ne è aggiunta un'altra illustre, quella del grande Enzo Jannacci. Alla prima in qualche modo ci eravamo abituati, per quanto riguarda quest'ultima ci vorrà un po' di tempo. Una carriera di alti e bassi, tra cabaret e musica, tra teatro e cinema. In tutto questo un lavoro da cardiologo esercitato sempre con grande umanità e partecipazione, dall'Africa agli Stati Uniti.  Di padre pugliese e madre lombarda si avvicinò molto presto all'ambiente musicale milanese. Frequentò il conservatorio e a fine anni '50 formò insieme a Gaber un duo noto come i "I due corsari". A questo periodo appartiene una canzone con cui una pubblicità ci ha bombardato mille volte. La canzone è Birra  e quando l'andrete a sentire la riconoscerete immediatamente.  TV e giornali in questi giorni gli dedicheranno molto spazio (almeno spero): dagli esordi nel cla

Il papa di Francesco

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Un papa tra la gente La seconda guerra mondiale è stato un momento difficile per il nostro paese. Quella guerra iniziata al fianco della Germania nazista e conclusasi con l'immagine dell'alleato americano che dall'alto del suo carro armato distribuisce cioccolata e sigarette a una popolazione sfinita. Mario Castelnuovo ci ha raccontato in Nina l'incontro dei suoi genitori durante il bombardamento di San Lorenzo, nel quale venne distrutto persino il cimitero del Verano. Era il 19 Luglio 1943. Papa Pacelli osservava tutto questo dal Vaticano e si precipitò nel quartiere distrutto, senza preavviso, senza scorta, spinto soltanto dall'attaccamento a quella terra che lo aveva visto nascere e diventare papa. Con le braccia verso il cielo recitò il salmo del De Profundis. Aveva osteggiato durante il suo pontificato ogni forma di totalitarismo, aveva dato asilo politico a politici antifascisti come Nenni e De Gasperi, aveva contribuito con l'oro del vaticano alla t

Siena vista con gli occhi di un romano

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Il contradaiolo Mario E' passato da poco il Festival di San Remo, nel quale sono state riproposte e reinterpretate le più belle canzoni che ne hanno fatto la storia. Da Tenco a Endrigo, da Celentano a Dalla, canzoni che anche il più dissacratore della rassegna sanremese non può che considerare veri e propri capolavori. Mi è dispiaciuto però che nessuno abbia voluto rendere omaggio a un grande cantautore della musica italiana, snobbato persino dalle radio di nicchia.  Mi riferisco a Mario Castelnuovo che, scoperto da Minghi, partecipò a San Remo nel 1982 con Sette fili di canapa  e due anni dopo con una meravigliosa canzone che vi voglio riproporre in questo post: Nina . Mario Castelnuovo nasce a Roma nel 1955, la madre è originaria di Celle sul Rigo, un piccolo paese della provincia di Siena ai confini col Viterbese. Proprio dalla madre viene la passione (abbastanza inconsueta per un romano) per il Palio. Con la canzone  E' piazza del campo rende il suo primo omaggio a S

La rabbia di un giovane angelo

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Quando l'invettiva è d'autore La canzone d'amore è per sua natura quella in cui si sono cimentati più spesso i cantautori impegnati di ogni tempo (d'altronde si può dire lo stesso per la poesia dai tempi di Catullo ai giorni nostri). Accanto all'amore idilliaco magari sofferto e combattuto di tante canzoni (si pensi a Vorrei di Guccini, a La donna della sera di Branduardi o a una delle tantissime canzoni del duo Mogol-Battisti) troviamo l'amore deluso e disatteso, accompagnato da un feroce invettiva (mi viene in mente  Bella stronza di Masini o Quattro stracci sempre del Francescone nazionale).  E' proprio di una grande canzone di questo filone che vi volevo parlare. Un successo del 1962 scritto da Luigi Tenco.  Della vita e soprattutto della morte di Tenco si è detto tutto (e il contrario di tutto). Nato nel 1938 da una relazione extraconiugale di una cameriera con il figlio sedicenne di un famiglia agiata presso cui questa cameriera lavorava, Luigi

Sott'Arno coi gatti

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Romanticherie pisane Di canzone dialettale toscana se ne era già parlato a proposito del grande Riccardo Marasco e dell'amara ironia riguardo l'alluvione di Firenze del'66. Per non far torto a nessuno questa volta si percorre ancora qualche chilometro d'Arno per arrivare da Firenze a Pisa. In questa città un duo di musicisti virtuosi (Tommaso Novi e Francesco Bottai) mette su un gruppo Jazz molto particolare: i gatti mézzi. Il piano di Tommaso e la chitarra di Francesco dialogano per tutti i brani con intrecci tutti da ascoltare, ma la grossa novità introdotta dai Gatti è nell'uso sistematico del dialetto pisano e della narrazione nostalgica dei tempi che furono della loro città. Così, tutto a un tratto, ci si trova catapultati dentro una realtà completamente nuova, tra le chiacchere da Bar (dal Salvini magari), a discutere dell'alluvione, di vecchi e nuovi amori (a questo proposito non posso dimenticare, durante un loro concerto a Siena, introducendo la ca